Sono diventata la madre solo ai 40 anni. Qualche anno fa ho saputo che non avrei potuto avere figli.
Mi sono sposata con Miguel a 26 anni. È stato il mio secondo matrimonio. Il primo matrimonio si è sciolto presto, non nemmeno abbiamo parlato dei figli.
Da alcuni anni io e Miguel stavamo godendo la nostra vita. Lui ha fatto la carriera, era diventato il team lead presso una IT compagnia.
Mi sono stata occupata della fotografia e sono stata diventata un fotografo professionale, tanto richiesta nella mia città.
Miguel ed io abbiamo saldato un credito per la casa, abbiamo viaggiato parecchio e abbiamo raggiunto un buon tenore di vita.
Nel giorno del mio 32esimo compleanno Miguel mi ha detto che voleva bambini da me. Io gli ho detto di sì.
Abbiamo sempre pensato ai bambini, facevano parte dei nostri progetti, però, forse dei progetti lontani.
Abbiamo anche arredato una camera da bambino nella nostra casa. Siamo stati pronti dal punto di vista morale e materiale, però non sapevo che quando avrò deciso di rimanere in cinta, ci saranno stati tanti problemi.
Non siamo stati preparati per una gravidanza, non abbiamo neanche visitato il nostro medico di famiglia. Ci sono alcune coppie che pianificano la gravidanza in un modo serio. Le donne assumano le vitamine, acido folico, gli uomini si attengono ad una certa dieta ecc. Non abbiamo fatto in questa maniera. Non abbiamo avuto persino un minimo dubbio che la gravidanza non avrebbe potuta avvenire. Passati sei mesi, e non sono rimasta incinta, però noi non ci eravamo stati presi dal panico.
Dopo ho saputo che sei mesi era un termine abbastanza lungo per le coppie di età superiore ai 30 anni.
Tra un anno ci siamo rivolti al medico. Lo spermiogramma di Miguel era di norma. Ed invece le mie analisi erano disastrose: AMG, FSH, estradiolo – tutti valori sono stati più bassi della norma.
Con l’ecografia abbiamo saputo che la quantità dei follicoli è minimale, catastrofica. Diagnosi – una bassa riserva ovarica. Era probabile che non avrò potuto mai nascere un figlio.
Sono stata sotto shock. Avevo una sensazione che stavo andando sulla strada piena del sole e d’improvviso mi sono sprofondata in un tombino. Tutto era stato diventato spaventoso, buio, poco chiaro. Non potevo rassegnarmi con la mia frustrazione. Perché la gravidanza è una cosa elementare, solita, accessibile a tutte le donne. Io mi sentivo bocciata all’esame di una vera e propria donna.
Da un mese mi trovavo toccare un fondo emozionale.
E dopo, con l’assistenza di Miguel mi sono messo la testa a posto, ed abbiamo preso una decisione di ricorrere alla FIVET.
Abbiamo fatto 4 cicli di FIVET – tutti falliti. Abbiamo avuto pochi embrioni, e quelli buoni erano ancora di meno.
Per la prima volta avevo un aborto spontaneo alla 8esima settimana, per le prossime volte gli embrioni non si sono stati attaccati.
Ci sono voluti altri 3 anni.
Perché non vorrei adottare un bambino
Miguel mi ha proposto di adottare un bambino, però io sono stata contro questo. Non sono una snob, però volevo un bambino, geneticamente di Miguel. Avevo paura che non avrò potuto diventare una buona madre per un altro bambino.
Allora, è stato nato un pensiero della maternità surrogata.
Ho cancellato tutti shooting fotografici e ho passato una settimana su Internet .
Nel nostro paese la maternità surrogata è vietata dalla legge. Tra i paesi dov’era stata permessa, mi sono piaciuti Canada, Kazakistan, e Ucraina, a causa di un buon quadro giuridico. Canada è stata cancellata per la distanza, Kazakistan sembrava un paese troppo esotico. L’Ucraina mi era stata piaciuta per il fatto che nel Certificato di nascita del bambino venivano indicati i nomi dei genitori genetici, e la madre surrogata non aveva nessun diritto per figlio.
Perché ho scelto l’Ucraina e VittoriaVita?
Facevo un confronto tra le agenzie per i prezzi e servizi che offrivano. Alla fine della settimana ho fatto una lista delle agenzie migliori e l’ho fatta vedere al marito. Miguel era stato perplesso dalla mia idea, ma dopo l’ha accettata.
Abbiamo contattato 3 agenzie, e finalmente abbiamo scelto la VittoriaVita.
Ci è piaciuto il programma Garanzia che assicurava che avremo avuto un figlio in ogni caso. Questo programma prevede che nel ciclo di FIV si usano ovuli donati. Però, ci hanno permesso di includere nel contratto un articolo che il primo ciclo sarà stato fatto con gli ovuli miei. In caso di fallimento, avremo usati quelli di una donatrice.
Siamo venuti in Ucraina per 3 volte. Per la prima volta per conoscere la madre surrogata e stipulare un contratto.
Siamo stati messi all’esame ginecologico, genetico e abbiamo avuto un consulto dello specialista di fertilità.
I medici ci hanno avvisato che quasi non ci fosse stata una probabilità di ottenere un embrione sano dai miei ovuli.
Mi hanno prescritto un protocollo di stimolazione, vitamine, una dieta, e siamo tornati a casa.
Un mese e mezzo dopo, siamo venuti in Ucraina. Avevo iniziato ad assumere farmaci per stimolazione delle ovaie già a casa, però le ultime due settimane occorreva passare in Ucraina sotto un controllo medico e poi è stato un prelievo degli ovociti. Dai 7 ovociti sono riusciti a creare solo due embrioni. La diagnostica PGD ha rivelato che solo uno è stato sano. Era una femmina. Quest’embrione è stato trasferito nell’utero della madre surrogata.
E allora, dopo questo, siamo tornati a casa ed abbiamo aspettato un risultato di transfer. Questi 10 giorni sono stati i più
lunghi nella mia vita. Miguel mi ha consigliato di scegliere una donatrice degli ovuli per ogni evenienza, però io credevo nella nostra figlia.
Abbiamo ricevuto una lettera il giorno del 22 agosto. La gravidanza è stata avvenuta.
Tutta la giornata ho pianto di felicità e anche Miguel. Ho chiamato diverse volte alla sorella e alla mamma e dicevo: Puoi crederci? Tutto è venuto fuori.
E dopo ci sono stati le settimane lunghe di gravidanza della madre surrogata. Una volta alla settimana, il nostro manager Katia ha inviato una relazione sullo stato della madre surrogata. Li c’erano i risultati dell’ecografia con i commenti medici, analisi del sangue ecc. Prima scrivevo a Katia quasi ogni giorno, le avevo chiesto delle particolarità delle procedure e degli esami. Penso che in questo periodo è stata abbastanza stufa di me.
Con la madre surrogata abbiamo avuto una conferenza Skype ogni 2 settimane. Lei è una donna meravigliosa.
Lei ci raccontava con pazienza del suo stato, di quello che mangiava, che stile di vita teneva. Prima lei è stata timida, arrossiva ed inciampicava, ma alla fine della gravidanza chiacchieravamo liberamente.
Siamo venuti in Ucraina per la 3 volta, una settimana prima del parto.
In questo periodo ci siamo spesso stati insieme alla madre surrogata, l’abbiamo accompagnata anche durante tutti gli esami. Un momento più emozionante era stato successo alla 38esima settimana della gravidanza. Siamo andati per cardiotocografia fetale per sentire il cuore della figlia. I toni erano validi, ritmici. Però quando ho messo la mia mano sulla pancia della madre surrogata, il battito cardiaco della figlia d’un tratto è diventato forte come se fosse felice di vedermi.
Un giorno, la mattina presto, Katia ci ha chiamato e ci ha detto che la madre surrogata aveva dolori di lavoro.
Siamo sfrecciati alla casa di maternità. Durante il parto sono stata insieme alla madre surrogata, e Miguel ha visto la piccolina già dopo il parto- nel dipartimento di pediatria. Non potrei descrivere le nostre emozioni. Non esistono le parole che possono caratterizzarle. Era un sentimento di una felicità e di una consolazione immensa.
Dopo la dimissione dall’ospedale, siamo tornati nell’appartamento che ci ha concesso l’agenzia. Lì già c’era un lettino e una vasca da bagno per neonata. Ci hanno offerto servizi di una babysitter. Prima abbiamo rinunciato, perché ci sembrava di poter farcela da soli. Però, dopo qualche notte senza sonno, ci siamo arresi. È venuta una babysitter del nome Nina.
Lei ci ha aiutato con bebè, e anche cucinava il cibo. A proposito, quando siamo tornati a casa, abbiamo deciso di prendere una babysitter. E durante colloqui abbiamo cercato inconsciamente una donna che assomigliava a nostra meravigliosa Nina.
Dopo la nascita della piccolina abbiamo passato in Ucraina un mese e mezzo. In questo periodo, Oleg, l’avvocato di VittoriaVita e Katia ci hanno aiutato nella formalizzazione del documento del viaggio della figlia, effettuazione del test DNA per confermare la paternità e hanno sbrigato altre affari, connessi con documenti.
Quando è venuto un momento di andare a casa, ci sentivamo la gioia. La nostra esperienza con l’agenzia VittoriaVita era stata ottima, però la nostra casa ci mancava tanto. Inoltre, abbiamo avuto un grande desiderio di far vedere la figlia ai nostri parenti.
Darei un voto altissimo per servizi di VittoriaVIta. Ogni volta quando siamo venuti, ci hanno accolti all’aeroporto e ci hanno portato nell’appartamento. L’appartamento si trovava vicino alla clinica, dove siamo stati messi agli esami medici e nella prossimità della casa di maternità. L’appartamento era spazioso, pulito, confortevole. Ogni tre giorni ci hanno portato dei prodotti freschi e, oltre a questo, ci hanno concesso le cartelle per mangiare nel ristorante. La nostra interprete Katia era stata sempre in linea. Lei ha tradotto i documenti, ci ha consigliato i musei e ci dava sempre una mano.
Il personale medico è stato molto gentile. Quasi tutti i medici parlavano inglese.
Quello che non mi è piaciuto
Dovrei dire che ci era stato qualche difetto. Nella casa di maternità ci erano state poche persone che parlavano l’inglese.
A Kiev la vita ha un ritmo frenetico. Ci sono tantissime macchine, spesso c’è il traffico. Abbiamo cercato di non andare da nessuna parte di mattina presto e verso le 6 di sera. In questo periodo pullman e metrò sono affollati dalla gente (che va al lavoro la mattina o torna a casa la sera). I cassieri nei negozi, specificamente, in quelli piccoli, di solito non parlavano inglese. Abbiamo usato google translate, ma, ovviamente, non è stato tanto comodo.
Al momento la nostra bimba ha 5 mesi. È sana e sta ingrassando bene. Mi sembra che assomiglia moltissimo a Miguel, e lui dice che la piccolina è simile a me. Siamo felici che abbiamo fatto un passo. È stato un periodo davvero difficile, però e molto felice.